Nel procedimento in questione era stata contestata la validità di un patto di non concorrenza. L’amministratrice di una s.r.l. tedesca (GmbH) aveva concordato un patto di non concorrenza nel suo contratto concluso con la società, il quale vietava all’amministratrice di lavorare direttamente o indirettamente per un’altra società come membro del consiglio di amministrazione, dipendente, consulente, rappresentante o in qualsiasi altro modo, di svolgere un’attività concorrenziale e di svolgere direttamente o indirettamente attività commerciali in concorrenza con le attività commerciali della società nel settore di attività nel giorno della cessazione dell’attività lavorativa.
Dopo la cessazione del rapporto contrattuale, l’amministratrice ha chiesto l’adozione di un provvedimento cautelare contestando la nullità del patto di non concorrenza, alla luce della quale nulla le impediva di assumere la carica di amministratrice di un’altra società.
Il Tribunale di Colonia aveva ritenuto che il patto di non concorrenza fosse inefficace, dando ragione all’amministratrice. La Corte di Appello ha confermato tale decisione, asserendo che il patto di non concorrenza concordato da una GmbH con i suoi amministratori non è disciplinato dagli artt. 74 ss. del Codice commerciale tedesco (HGB), in quanto gli amministratori non sono commessi, bensì organi sociali. Al contrario, in questo caso va applicato il Codice civile tedesco (BGB). Tali patti di non concorrenza sono ammissibili solo se e nella misura in cui servono a tutelare un interesse legittimo della società e non ostacolano in modo irragionevole la pratica professionale e l’attività economica dell’amministratore in termini di luogo, tempo e oggetto.
Nella ponderazione degli interessi, è fondamentale effettuare una valutazione del caso specifico. Si tratta, in particolare, dello scopo perseguito con il patto di non concorrenza. La restrizione della concorrenza è giustificata solo se l’interesse della libertà di esercitare una professione non viene semplicemente limitato in modo irragionevole o abusato.
Applicando questi principi, il patto di non concorrenza in questione è stato dichiarato inefficace. Una formulazione così imprecisa, deliberatamente scelta, esclude anche in modo inammissibile un gran numero di settori di attività che non hanno alcun legame con la precedente attività svolta dalla ricorrente del procedimento cautelare presso la resistente. Nel caso di specie, il contenuto del patto di non concorrenza serve solo a eliminare completamente la ricorrente del procedimento cautelare come potenziale concorrente ed è pertanto contrario al buon costume e nullo. L’indennità di non concorrenza, pari al 75% dell’ultima retribuzione percepita, non è sufficiente a compensare tale situazione.