Il lavoro istruttorio e di analisi svolto dal CNEL ha chiarito come l’introduzione di un salario minimo legale non risolverebbe la grande questione del lavoro povero, che va ben oltre il tema delle retribuzioni. La povertà lavorativa riguarda, infatti, la quantità di lavoro nell’arco dell’anno per chi vive di contratti precari e intermittenti, la composizione del reddito all’interno del nucleo familiare e l’azione redistributiva dello Stato.
A beneficio soprattutto dei lettori stranieri, occorre però precisare che tale decisione non comporta che il lavoratore in Italia, quanto ai trattamenti retributivi, sia privato di una tutela. E tanto non solo perché la Costituzione italiana disciplina il diritto ad una retribuzione giusta e dignitosa, ma soprattutto perché la contrattazione collettiva è molto attiva. Il CNEL ritiene, invero, che quest’ultima sia la sede da privilegiare e valorizzare, sottolineando l’importanza di controlli e interventi di vigilanza nelle stesse aree della parasubordinazione e del finto lavoro autonomo.