Se l’acquirente di un veicolo usato invoca l’acquisto in buona fede da un soggetto non avente diritto, il precedente proprietario deve dimostrare che all’acquirente non è stato presentato il libretto di proprietà o che non l’ha esaminato.
Nel caso in questione, una società italiana aveva acquistato un’auto usata da un concessionario tedesco nel 2019 con l’aiuto di un intermediario per poi rivenderla. Tuttavia, la concessionaria tedesca non era il proprietario dell’auto usata, ma solo il locatario del vero proprietario.
Secondo il BGH, la società italiana era diventata proprietario del veicolo, con la conseguenza che poteva pretendere la consegna del vero libretto di proprietà del veicolo. Tra le varie questioni era stato contestato il fatto che all’intermediario fosse stato presentato il libretto di proprietà del veicolo falsificato, nel quale la concessionaria tedesca era indicata come presunta proprietaria. In questo caso, la ripartizione dell’onere della prova è stato decisivo per il BGH. L’originario proprietario non è stato in grado di dimostrare che la società italiana non era in buona fede al momento dell’acquisto.
In questo contesto, ai fini dell’inversione dell’onere della prova non è sufficiente la circostanza pacifica della falsificazione del libretto di proprietà. Il proprietario deve provare la presunta mancanza di buona fede da parte dell’acquirente. La società italiana, in quanto acquirente in buona fede, doveva solo dimostrare di aver adempiuto al proprio onere di allegazione, ossia di aver preteso l’esibizione del libretto di circolazione del veicolo e di averlo controllato. Secondo la Corte federale, ciò corrispondeva esattamente a quanto la società italiana aveva sufficientemente dimostrato, per cui il ricorso dell’originaria proprietaria non è stato accolto.
Il caso sarebbe stato deciso diversamente in Italia, dato che secondo la legge italiana l’acquisto in buona fede di veicoli registrati è escluso dall’art. 1156 del Codice Civile.