La sentenza distingue chiaramente tra inesistenza e annullabilità della delibera assembleare. L’inesistenza si configura solo quando lo scostamento dalla forma legale è talmente grave da impedire di riconoscere l’atto come una delibera. Per quanto concerne l’annullabilitá non ogni errore o incompletezza nel verbale comporta l’invalidità della delibera. È necessario che il vizio sia tale da impedire l’accertamento del contenuto, degli effetti e della validità della decisione.
L’art. 2478, n. 2 c.c., impone la trascrizione del verbale nel libro delle decisioni dei soci. Tuttavia, la Corte chiarisce che tale trascrizione non è condizione di validità o esistenza della delibera. La sua omissione costituisce una mera irregolarità formale. Nonostante la trascrizione non sia essenziale per la validità, la sua mancanza comporta conseguenze significative, quale l’impugnabilità (per altri motivi) senza limiti di tempo: in assenza di una data certa di trascrizione, non decorrono i termini previsti dall’art. 2479-ter c.c. per l’impugnazione. Il socio può quindi contestare la delibera in qualsiasi momento. Inoltre
la mancata trascrizione rende impossibile dimostrare con certezza la data della delibera, indebolendo la posizione della società in eventuali contenziosi.
La sentenza del Tribunale di Milano sottolinea l’importanza della corretta tenuta dei libri sociali, non tanto per la validità intrinseca delle delibere, quanto per la tutela della certezza giuridica e la prevenzione di controversie. Le società sono quindi chiamate a una maggiore diligenza nella gestione documentale, al fine di garantire trasparenza e stabilità nelle relazioni societarie.
Facendo un confronto con la normativa tedesca in materia di società a responsabilitá limitata, ove tali incombenti formali non sono imposti dal legislatore, l’Italia si conferma essere un ordinamento particolarmente attento alle forme.