Abbiamo sentito parlare tanto in questi ultimi anni di Metaverso, ma che cos’è?
La parola Metaverso è un termine che è stato coniato da Neal Stephenson in un romanzo del 1992, che indicava uno spazio tridimensionale all’interno del quale le persone fisiche potevano muoversi, condividere esperienze e interagire tra loro come se fossero nel mondo reale.
Si tratta quindi di una realtà virtuale nella quale ognuno può scegliere se usare la propria identità oppure creare una nuova identità digitale (ad esempio conosco chi nella vita reale è pelato e ha creato un avatar con una lunga chioma).
Per entrare nel Metaverso basta una connessione internet e un account su una delle piattaforme nate per la realtà decentrata. Le persone che entrano nel Metaverso possono interagire con altre persone, svolgere attività sociali, acquistare case e terreni, vendere prodotti o anche costruire parchi avventura dove far pagare il biglietto agli altri utenti del Metaverso per entrarci.
Potrà sembrare ovvio, ma anche nella realtà virtuale, come in quella reale, le persone si vestono con vestiti di marca e così il marchio Nike ha colto l’occasione per creare Nikeland: una città virtuale dove testare nuovi prodotti. L’obiettivo che l’azienda si è proposta di perseguire è lanciare prototipi di scarpe e farle provare agli utenti nel mondo virtuale, prima di avviare una produzione di massa in quello reale.
Anche la realtà virtuale, però, si è dovuta scontrare con i problemi di violazione della proprietà intellettuale e pratiche di concorrenza sleale. Proprio la Nike, a febbraio di quest’anno, ha dovuto promuovere negli Stati Uniti una causa contro la piattaforma StockX LLC, che, senza autorizzazione, vendeva tramite NFT delle scarpe che nel loro aspetto estetico riportavano il marchio Nike.
Il noto brand ha quindi accusato la piattaforma di sfruttare illecitamente la notorietà della Nike, con la precisa volontà di generare confusione nei consumatori circa la provenienza dei prodotti. La controversia è ancora pendente, ma sicuramente questo è un indice di come le case di moda che non lo hanno ancora fatto debbano attivarsi per elaborare strategie efficaci per tutelare i propri prodotti contro la contraffazione anche nel mondo virtuale.