L’imposta di successione è un’imposta non armonizzata a livello europeo ed esclusa dal campo di applicazione del regolamento europeo sulle successioni (n. 650 del 2012) e per la quale ogni ordinamento fissa i propri presupposti, limiti, aliquote, franchigie, con il conseguente rischio di una doppia o magari anche tripla imposizione nel caso in cui la fattispecie abbia collegamenti con più Stati (luogo di residenza del de cuius, luogo di residenza degli eredi, luogo in cui si trova il patrimonio). Per ridurre l’impatto di questo problema, alcuni Stati hanno stipulato convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni, tuttavia ciò non è accaduto tra l’Italia e la Germania.
Se si considera che le aliquote in Germania spaziano tra l’7 e il 50% mentre in Italia sono al massimo dell’8%, è evidente quale possa essere l’interesse del contribuente di limitare, per quanto possibile, l’impatto dell’imposta di successione tedesca sul proprio acquisto.
La normativa tedesca (§ 2 ErbStG) prevede che nel caso in cui né l’erede, né il de cuius siano da considerare come residenti o domiciliati abitualmente in Germania, solamente il patrimonio ritenuto sito in Germania ai sensi della normativa (§ 121 BewG) sia soggetto all’imposta di successione in Germania, peraltro stabilisce che la franchigia (per es., 500.000 Euro per i coniugi, 400.000 Euro per i figli), in tali casi debba essere applicata in maniera non piena bensì proporzionalmente rispetto all’intero patrimonio globale (sito anche in altri Stati) del de cuius, ed inoltre che le passività possano essere portate in detrazione unicamente se collegate economicamente al bene sito in Germania. Questa discussa disciplina è già il risultato di un precedente intervento della Corte Europea di Giustizia (sentenza CGUE C 181/12), e viene tuttavia ripresentata all’esame della Corte Europea di Giustizia a seguito di un recente rinvio della corte tributaria di Dusseldorf (ordinanza del 20 luglio 2020 4 K 1095/20 Erb).
Il de cuius era un cittadino austriaco, residente in Austria, deceduto nel 2018, che aveva istituito erede unica la figlia, anch’ella residente in Austria, il patrimoonio
ereditario era costituito da quattro immobili in Germania, capitale e un immobile in Spagna. L’erede ha dovuto tacitare con una somma di denaro i diritti di legittima del coniuge e di un altro figlio del de cuius. Ha quindi presentato la dichiarazione di successione in Germania chiedendo di detrarre l’intera franchigia di 400.000 Euro prevista per sé quale figlia, e una quota di quanto versato ai legittimari, in proporzione alla quota del valore del patrimonio sito in Germania rispetto all’intero patrimonio.
L’ufficio finanza tedesco ha viceversa liquidato l’imposta ignorando le passività in quanto non in connessione economica con il bene sito in Germania e riconoscendo solo una quota della franchigia, proporzionata alla quota di valore dei beni tedeschi rispetto al patrimonio complessivo.
Contro questa liquidazione l’erede ha presentato ricorso presso la corte tributaria di Dusseldorf, la quale ha sospeso il procedimento domandando quindi alla corte europea di giustizia di verificare se i principi dell’Unione Europea in particolare il diritto alla libera circolazione dei capitali (Art. 63 comma I e 65 del Trattato sul funzionamento UE) sono contrari alla normativa di uno Stato che sottopone ad un trattamento differenziato la tassazione di un acquisto per successione, sia sotto il profilo della franchigia applicabile, sia sotto il profilo della deducibilità di passività, a seconda che coinvolgano una persona residente in tale Stato ovvero una persona che non lo è. Vi terremo al corrente sulla decisione della Corte Europea.
Ricordiamo infine che per i cittadini tedeschi, ai fini della normativa sulle imposte di successione e donazione, lo status di persona residente o domiciliata abitualmente in Germania permane per cinque anni dal momento in cui trasferiscono la residenza o il domicilio abituale all’estero.
È interessante rilevare che la corte tributaria di Monaco di Baviera ha escluso che questa differenza di trattamento tra cittadini tedeschi e stranieri sia contraria alla costituzione tedesca o al diritto dell’Unione Europea (Sentenza del 3 luglio 2019 4 K 1286/18).