In Italia permane la convinzione che la legge tedesca non conosca la "tutela reale", cioè la possibilità per il lavoratore di fare causa per riottenere concretamente il posto di lavoro dopo un licenziamento; le ultime modifiche alla legge italiana, che hanno ridimensionato le ipotesi di "tutela reale", sono state – presumibilmente! - basate sul "modello tedesco".
È vero invece il contrario, come molti datori di lavoro tedeschi devono sperimentare nella pratica. Se il dipendente non vuole in alcun modo rinunciare al suo posto di lavoro, nemmeno una indennità di fine rapporto di importo astronomico possono costringerlo a farlo.
In Germania, in caso di giudizio di impugnazione del licenziamento, oltre al rischio di dover riassumere il dipendente alla fine, c'è anche il rischio di dover pagare l'intero risarcimento per tutta la durata del processo. Se il dipendente durante il processo è sano – cioè idoneo al lavoro -, non è nemmeno obbligato a comunicare al datore di lavoro la sua capacità di lavorare.
Il Tribunale federale del lavoro (21.07.2021, 5 AZR 543/20) in questo caso ha in qualche modo favorito il datore di lavoro: se il datore di lavoro presenta prove indiziarie (ad esempio, una perizia privata di un medico aziendale) dalle quali si evince che il dipendente non era idoneo al lavoro durante il processo, questo è sufficiente; spetta poi al dipendente presentare e dimostrare che era sano e che quindi ha diritto agli arretrati.