La Corte federale tedesca ha ribaltato la sentenza della Corte di Appello e ha confermato che la responsabilità di un ex amministratore per il ritardo nella proposizione dell’istanza di fallimento non è limitata ai danni verificatisi prima della sua uscita dalla società. L’amministratore uscente è invece responsabile ai sensi dell’art. 823 (2) BGB in combinato disposto con l’art. 15a InsO, anche nei confronti dei creditori che hanno instaurato un rapporto contrattuale con la società solo dopo la cessazione del suo incarico, se la situazione di rischio creata dalla mancata istanza di fallimento non viene meno.
Sebbene i doveri dell'amministratore in qualità di organo esecutivo e quindi anche il suo obbligo di dichiarare l'insolvenza cessino con la cessazione della sua posizione di organo esecutivo, ciò non comporta una correzione retroattiva delle violazioni già perpetrate dell’obbligo di presentare istanza di fallimento. La Suprema Corte tedesca aveva stabilito che la violazione dell'obbligo di presentare istanza di fallimento da parte di un ex amministratore delegato era un fattore concausale ai fini dei successivi contratti stipulati dalla società, in quanto tali contratti non sarebbero stati stipulati se fosse stata presentata la domanda di insolvenza.
Anche un amministratore revocato corre pertanto anche il rischio di doversi assumere la responsabilità per i danni che si sono verificati dopo la cessazione dell’incarico, qualora in precedenza aveva violato l’obbligo di presentare la domanda di fallimento.